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Migrazione

Ebbene sì, ho appena eseguito la famosa migrazione da Windows Live Spaces a WordPress.

Non so bene perché il “vecchio” msn space (così si chiamava originariamente, mi pare) abbia chiuso; personalmente non ne sono contenta; non aggiornavo il mio blog tanto spesso, però in un certo senso mi ci ero affezionata e mi sarebbe dispiaciuto chiuderlo, perché conteneva dei ricordi.

Con la migrazione, delle cose sono andate perse: gli elenchi, gli album… Quindi questo nuovo blog non è del tutto uguale a quello precedente. È solo una versione “riveduta e impoverita” del vecchio.

Credo che non coltiverò granché questo blog. Innanzitutto non ho molta simpatia per WordPress (già, non dovrei dirlo nel mio primo post, ma è così). Diciamo che non c’è stato un bell’incontro, visto che appena arrivata ho saputo che una volta creato un account, non lo si può più eliminare. Mi sembra una cosa piuttosto irrispettosa; chiunque dovrebbe aver diritto di eliminare un account. “Far finta che non esista, smettendo semplicemente di usarlo”, come suggeriscono loro, non è esattamente come “eliminare ogni traccia di un account”. Questo l’ho scoperto, neanche a dirlo, solo dopo aver creato il mio account. Non viene fatto presente durante la registrazione. Certo, l’avranno scritto nelle clausole, ma chi le legge mai, quelle? Sanno benissimo che noi tutti facciamo una spunta sulla casellina e le saltiamo alla grande.

Vabbe’, questo è quanto. Consiglio a chiunque si faccia un account su WordPress di pensarci bene, prima, e di non commettere errori di battitura… La scelta è irreversibile 😉

Hasta la vista!

 

Jump there

Cold hearts,
soul is burning.
Mind’s over time…
Just fade to black.

No se puede vivir de recuerdos.
¿Pero qué pasa si los recuerdos viven en tú presente?

 

 
 Scopro con malinconia che il mio egoismo non è poi così grande, visto che ho dato ad altri il potere di farmi soffrire.
 
Antoine de Saint-Exupéry, Lettere a una sconosciuta

 

 
 
Grandi vie di silenzio conducevano
A paesi di calma.
Non vi erano notizie né discordie
Né universo né leggi.

Gli orologi dicevano il mattino
E campane lontane chiamavano la notte,
Ma il tempo qui non aveva più base,
Era svanita ogni misura.

 
 
Emily Dickinson

 

 
 
Edgar Allan Poe
1809-2009

 

 
 
 
My colours all ran dry, and now I see the world in black and white,
It’s too late now, it’s time to kiss the rainbow goodbye
 
 
 
 
 

 

 
 
Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi.
Ernest Hemingway
 
 
 

 

 

Dopo anni e anni dall’uscita di Ringu, e dopo anni dal suo più noto emulo a stelle e strisce The Ring, ecco che il fenomeno della pallida bambinetta col vestitino bianco che riemerge dal pozzo (eravate quasi riusciti a dimenticarla e a dormire, la notte, vero?) colpisce ancora. E inaspettatamente. E con una nuova, più sottile e più appariscente serie di eventi nefasti. Stavolta le vittime, infatti, sono personaggi del cinema.

 Vengo al punto. Da qualche giorno è nelle sale The Dark Knight, il sequel di Batman Begins… ed è in questi giorni che si è chiarita l’ondata di sventura che lo circonda! Riassumendo, prima muore uno dei suoi protagonisti (direi quasi il protagonista, dato che ha avuto più spazio dello stesso Batman), Heath Ledger, subito osannato come meraviglioso, grandioso, da premio oscar. Poi muore uno del crew, o comunque un collaboratore (non ne so di più perché, naturalmente, a chi importava diffondere la notizia come si deve?). Poi il suo mascarato protagonista ufficiale, quel bello-e-maledetto-ma-ottimo-padre-e-marito che farebbe di tutto pur di entrare in un personaggio (e lo fa benissimo) che risponde al nome di Christian Bale, si fa arrestare per aggressioni a madre e sorella (a quanto si dice, quest’ultima aveva chiesto un prestituccio da qualche migliaia di euro al fratellino benestante). Infine, Morgan Freeman decide di uscire fuori strada e far rabbrividire tutti, ma per fortuna resiste e sembra che se la caverà con non molti danni.

Conseguenza? Immediatamente i media parlano di una maledizione del film! Miseriaccia, è il film che porta sfortuna! Chissà perché, però.

 

Io ho risolto il caso.

L’ho risolto, come da titolo, ricorrendo al fenomeno Ringu: lì moriva chi il film lo guardava, qua succede qualcosa a chi il film lo fa. Dai, ammettiamolo, gli indizi erano chiarissimi.

 

Qualche domanda sorge a questo punto spontanea:

v  Chi sarà il prossimo?

v  L’arresto di Bale è una bieca trovata pubblicità (ne aveva bisogno, poi)?

v  Persino Michael Caine si farà contagiare?

v  Gli spettatori sono davvero al sicuro? 

v  Chi interpreterà Pinguino nei prossimi Batman?

 

 

 

Della bimba e della pietra

 

La bimbetta camminava su una strada deserta e dissestata, una di quelle strapiene di ciottoli inutili –  inutili perché non c’è uno straccio di paludetta o di pozzanghera nel raggio di chilometri sulla cui superficie all’occorrenza li si potrebbe far rimbalzare, dimenticandosi delle ore passanti, e inutili perché il passare là sopra in bicicletta provocherebbe dolori semi-atroci  – che nessuno ha mai pensato di rendere più agevoli perché, appunto, inutili (l’ho già detto inutili?). Perché la bimbetta passava di là? Portava forse un cesto di cibarie alla nonna? Naa… roba già vista. Andava a raccogliere le bacche? Neanche, non era stagione. Insomma, a nessuno importa quel che andava a fare. Facciamo che si era persa (ma non è neanche così). La stradicciola piegava su una curva, e tanto deserta non era: ad un tratto comparve qualcosa. Un completo blu di un paio di taglie più grandi, più delle scarpine appuntite improbabili, più un megacollettone tutto pizzo a “incorniciare” il viso cadente (un viso che se non ci fosse stato quel centimetro e mezzo di cerone a tenerlo insieme avresti detto che si sarebbe sbriciolato sul candido collettone) facevano da contenitore a un corpo forse ultramillenario. Capelli color avorio, tirati all’indietro e non più lunghi delle spalle, si spargevano in tutte le direzioni stabilite dal cssss della lacca; gli occhi cerchiati di viola, le cui palpebre si erano ritirate chissà dove, fissavano la gaia bimbetta.

– Dove vai, bimbetta?

– Non so, vecchiaccia; l’autore non me l’ha detto.

– Ma bimbetta, si va sempre da qualche parte. Io, ad esempio, sto tornando nella mia scatola, anche se l’autore non l’ha specificato. Mi sono guardata sullo specchio di un lago, molto lontano da qui, e ho creduto che fosse la cosa migliore da fare.

– Eppure io non lo so; so soltanto che devo trovare una pietra, perché così recita il titolo.

La vecchiaccia tacque, fece per pensarci. Poi, in un sussulto, disse:

– Ma qui è pieno di pietre! Guardati sotto le scarpe.

La bimbetta fece tanto d’occhi. Raccolse uno di quei ciottoli, uno di quelli che si erano offesi per l’iniziale definizione di inutilità, e se ne andò via saltellando.

Sulla faccia della vecchia si dipinse un espressione di disappunto e delusione, molto simile a quella che ha il lettore arrivato sino a questa riga.

 

 

troppo presto